Parrucchieri ed estetisti: scegli la qualità e la sicurezza dei professionisti

L’abusivismo tra barbieri, parrucchiere ed estetiste costa milioni di euro alla previdenza sociale e alla fiscalità generale. Fenomeno irregolare che fa concorrenza sleale a chi esercita con tutte le autorizzazioni e certificazioni che le tasse le paga. Un fenomeno che con la pandemia e il lockdown e le attività costrette a chiudere è persino cresciuto: niente bottega con insegna, prestazioni a domicilio del cliente o a casa del “presunto” barbiere o della “presunta” estetista, prezzi al ribasso, ma soprattutto, nessuna garanzia per il cliente. Perché spesso vengono utilizzati prodotti di infima qualità e che non hanno nessuna certificazione né garanzia per la salute del cliente. In Lombardia il fenomeno è vastissimo: sotto pressione a causa della concorrenza sleale da abusivismo ci sono 20.735 imprese artigiane del settore, nella sola Provincia di Brescia sono 2.865 attività del settore penalizzate dal fenomeno illegale.

Confartigianato Imprese Brescia e Lombardia Orientale è vicina ai professionisti della bellezza e dalle settimane scorse ha lanciato una campagna di informazione contro l’abusivismo dal titolo ‘Occhio ai furbi! Mettetevi solo in buone mani”. Tra gli obiettivi della campagna, come testimonia il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti: «mettere in guardia i consumatori dal rischio di cadere nelle mani di operatori improvvisati, valorizzare qualità, durata, rispetto delle norme, convenienza e sicurezza del lavoro dei veri artigiani, ma soprattutto richiamare le Autorità ad un’azione di controllo, repressione e contrasto all’evasione fiscale e contributiva. La situazione è molto seria, oggi più di ieri: i meccanismi della concorrenza sleale del sommerso mettono fuori mercato i competitor regolari, rendono più difficile condurre politiche fiscali espansive e di riduzione fiscale, aumentando altresì la pressione fiscale sui contribuenti onesti. Ricordiamoci che in Italia questo mondo parallelo del sommerso ‘vale’ 202,9 miliardi di euro e rappresenta l’11,3% del Pil e il 12,6% del valore aggiunto nazionale, in cui non esistono regole e che produce danni ingenti alle imprese, alla sicurezza dei consumatori, alle casse dello Stato».